Pagina:I ricordi del Capitano D'Arce.djvu/44

34 I ricordi del Capitano D'Arce

— interruppe a un tratto, additando un punto luminoso in fondo.

Sembrava un occhio che ci spiasse dall’orizzonte buio, ora tremulo, come velato di lacrime, ora raggiante all’improvviso. Sembrava che giungesse sino a noi, col mormorio vasto e profondo del mare, l’eco della città, con sospiri soffocati, con voci misteriose, con canzoni malinconiche. La Maio s’alzò, vacillante pel rollio del bastimento, e prese il mio braccio, appoggiandovi anche il petto nel fare qualche passo, sfiorandomi col vestito, col mantello grave che mi si avvolgeva alle gambe e mi legava.

— Non ci reggo, no, caro d’Arce! A momenti vi casco nelle braccia! — balbettò fra due scoppi di risa soffocati che risuonavano come una musica.

Infine si fermò presso la sponda, senza lasciare il mio braccio, col gomito sulla ringhiera, e il bel mento delicato sulla mano nuda, guardando sempre laggiù, verso il punto luminoso.

— Cara Napoli! A quest’ora i nostri amici saranno tutti allo Châlet. Vi rammentate le belle serate allegre?... Quando il marito di Ginevra non era di cattivo umore, povera Ginevra... Come è stata buona venendo a salutarmi sino a bordo!... Tutta cuore...