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Giuramenti di marinaio 25

Un amore siffatto non deve aver paura di nulla... e di nessuno... del tempo che passa...

— Che ora sarà adesso? — chiese a un tratto lei.

Erano circa le due. Essa s’alzò in piedi, sgomenta. — Dio mio! così tardi! Ah, povera me! — Poi mi stese la mano e volle pure cavarsi un po’ il guanto, buona e cara Ginevra, perchè le baciassi il polso sulla nuda carne, lì, dove la piccola vena azzurra avrebbe voluto portarmi su su pel braccio, e le labbra volevano struggersi. — Addio! addio! — Per ricordo strappò una foglia dal cespuglio, dandomene la metà; l’altra se la nascose dentro il guanto, proprio dove si era posata la mia bocca. E nel viso affilato, negli occhi, nella voce, la poveretta aveva il medesimo struggimento che sentiva, pareva che non potesse staccarsi da me. Dovette fare uno sforzo — come uno strappo, nell’ultima stretta di mano — e se ne andò frettolosa, pensando ch’era tardi. Ho ancora nelle orecchie il fruscio della sua sottana di raso. Povera Ginevra, come doveva avere il cuore gonfio anche lei! E le sarebbe toccato dissimulare poi col marito e con tutti gli altri! Almeno io... Io mi posi a sedere dove essa era stata, andai a rintracciare il ramoscello dal quale aveva strappato la