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s’avventurò a cacciare un momento la testolina incappucciata in quel recesso profano, scandolezzandosi “degli orrori„ che v’erano in mostra, sgridando Delfini e lasciandogli un saluto per “la cara Vittoria,„ empiendo le sale del fruscìo dei loro strascichi, e del gaio cinguettìo che fugava le idee nere. I domestici sbadigliarono un po’ più del solito in anticamera, e sino a tarda ora lo stesso coupé che aveva ricondotta la padrona dal ballo in casa Roccaglia stette attaccato a piè dello scalone, coi due fanali accesi che si riverberavano nell’acqua della fontana. Null’altro.
Ma la stessa notte l’inferma aveva peggiorato rapidamente. Il medico, chiamato in fretta e in furia sin dall’alba, si turbò in viso al primo vederla. Stette appena cinque minuti e promise di tornare fra qualche ora. Intanto fece prevenire il suo collega del consulto, suggerì alla cameriera di svegliare Delfini, che dormiva ancora, prescrisse un sacco d’ordinazioni che fecero perdere la testa ai servitori e alle cameriere. Per un momento la casa fu tutta sottosopra. Nel cortile c’era un va e vieni frettoloso di carrozze, coi cavalli fumanti e coi cocchieri ancora in giacchetta. Dei parenti giungevano a ogni momento, col viso lungo, parlando sottovoce. Il medico era tor-