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148 Dramma intimo

di Roberto per l’una o per l’altra, e spesso anche la sua presenza fra di loro — come un’ombra del passato che offuscava gli occhi della figlia, che faceva impallidire la madre, che turbava anche Roberto, di tanto in tanto. Una sfumatura d’amarezza accennavasi a volte nelle parole più semplici, nei sorrisi che si evitavano, negli sguardi che si cercavano sospettosi.

Una sera che Bice s’era ritirata prima del solito, e Roberto era rimasto nel salotto insieme alla contessa, per farle compagnia, il silenzio piombò all’improvviso, quasi minaccioso. Anna stava a capo chino, dinanzi al fuoco che spegnevasi, presa da un brivido, tratto tratto, e il lume posato sul caminetto le accendeva dei riflessi dorati alla radice dei capelli, sulla nuca delicata che sembrava accendersi anch’essa di fiamme vaghe. Come Roberto si chinò a prender le molle, essa trasalì vivamente, e si alzò di scatto per augurargli la buona notte, accusando un po’ di stanchezza. Il marchese l’accompagnò sino all’uscio, in preda anche lui a un vago turbamento. In quella apparve Bice, come un fantasma, vestita del suo accapatoio bianco.

Madre e figlia si guardarono, e la prima rimase senza parola, quasi senza fiato. Roberto, il meno imbarazzato di tutti e tre, chiese: