e trepide che avevano accompagnato l’infanzia delicata della bambina — l’ansia dei presentimenti minacciosi che avevano quasi soffocato la maternità della genitrice e scusato i primi traviamenti del marito, morto giovane, di un male da decrepito, dopo avere agonizzato degli anni su di una poltrona. Più tardi un altro sentimento aveva fatto rifiorire la giovinezza della vedova, appassita anzi tempo fra quella culla minacciata, e quello sposo di già cadavere prima di scendere nella tomba: un affetto profondo e occulto, inquieto, geloso, che si mischiava a tutte le sue gioie mondane, e sembrava vivere di esse, e le raffinava, le rendeva più sottili, più penetranti, quasi una delicata voluttà che profumava ogni cosa, una festa, un trionfo di donna elegante. Adesso quell’altra nube paurosa, sorta a un tratto colla malattia della figlia in quel cielo azzurro, sembrava posare simile a una gramaglia sui cortinaggi pesanti del letto dell’inferma, e distendersi sino a incontrare degli altri giorni neri: la lunga agonia del marito, la faccia grave e preoccupata di quello stesso medico ch’era venuto quell’altra volta, il tic-tac di quella stessa pendola che aveva segnato delle ore d’agonia, e riempiva ora tutta la camera, tutta la casa, di un’aspettativa