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112 I ricordi del Capitano D'Arce

adesso a una cura gelosa di nascondere le sue povere carni mortificate. E di colui pel quale aveva sentito forse più trionfante la vanità della sua bellezza, quando appariva in una festa, colle spalle e le braccia nude, soltanto per lui, discorreva adesso tranquillamente, con una certa amara disinvoltura. Solamente non lo chiamava più pel suo nome di battesimo:

— Povero Casalengo.... Un buon amico e un uomo di mondo.... Dei pochi che sappiano pigliarlo com’è, il mondo!...

Rammentava ancora gli altri, passando in rivista delle memorie che accendevano dei punti luminosi nelle sue pupille. D’un solo non fece motto, forse perchè era ancora troppo presente dinanzi ai suoi occhi, quando parevano oscurarsi a un tratto, e pareva come delle ombre livide le lambissero il viso emaciato.

Ma tornava subito gaia e sorridente, occupandosi dei suoi invitati, facendosi in quattro per pensare a tutti. Si avventurò sino all’uscio del salotto ove fumasi, col fazzoletto alla bocca, con quella gaiezza che rendeva così ospitale la sua casa.

— No, no, mi piace anzi! Fumerei anch’io, se non mi facesse tossire.— Avrebbe chiuso gli occhi, e si sarebbe lasciata soffocare per far piacere agli al-