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capitolo v. | 93 |
“ Che hanno a far con noi gli ufiziali degli antichi Romani? gente che andava alla buona, e che, in queste cose, era indietro, indietro. Ma, secondo le leggi della cavalleria moderna, ch’è la vera, dico e sostengo che un messo il quale ardisce di porre in mano a un cavaliere una sfida, senza avergliene chiesta licenza, è un temerario, violabile violabilissimo, bastonabile bastonabilissimo... ”
“ Risponda un poco a questo sillogismo. ”
“ Niente, niente, niente. ”
“ Ma ascolti, ma ascolti, ma ascolti. Percotere un disarmato è atto proditorio; atqui il messo de quo era senz’arme; ergo... ”
“ Piano, piano, signor podestà. ”
“ Che piano? ”
“ Piano, le dico: cosa mi viene a dire? Atto proditorio è ferire uno con la spada, per di dietro, o dargli una schioppettata nella schiena: e, anche per questo, si posson dar certi casi... ma stiamo nella questione. Concedo che questo generalmente possa chiamarsi atto proditorio; ma appoggiar quattro bastonate a un mascalzone! Sarebbe bella che si dovesse dirgli: guarda che ti bastono: come si direbbe a un galantuomo: mano alla spada. — E lei, signor dottor riverito, in vece di farmi de’ sogghigni, per farmi capire ch’è del mio parere, perchè non sostiene le mie ragioni, con la sua buona tabella, per aiutarmi a persuader questo signore? ”
“ Io... ” rispose confusetto il dottore: “ io godo di questa dotta disputa; e ringrazio il bell’accidente che ha dato occasione a una guerra d’ingegni così graziosa. E poi, a me non compete di dar sentenza: sua signoria illustrissima ha già delegato un giudice... qui il padre... ”
“ È vero; ” disse don Rodrigo: “ ma come volete che il giudice parli, quando i litiganti non vogliono stare zitti? ”
“ Ammutolisco, ” disse il conte Attilio. Il podestà strinse le labbra, e alzò la mano, come in atto di rassegnazione.
“ Ah sia ringraziato il cielo! A lei, padre, ” disse don Rodrigo, con una serietà mezzo canzonatoria.
“ Ho già fatte le mie scuse, col dire che non me n’intendo, ” rispose fra Cristoforo, rendendo il bicchiere a un servitore.
“ Scuse magre: ” gridarono i due cugini: “ vogliamo la sentenza! ”
“ Quand’è così, ” riprese il frate, “ il mio debole parere sarebbe che non vi fossero nè sfide, nè portatori, nè bastonate. ”
I commensali si guardarono l’un con l’altro maravigliati.