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il quale, come in tant’altri casi, non fece nemmen la fatica di sbagliare. È vero che nel libro dell’uomo "così celebre", si leggono queste parole: "Seguì poscia la pace fra la Francia, la Svezia, l’Imperio e l’Imperadore;" (nelle quali, del rimanente, non saprei se non ci sia ambiguità piuttosto che errore); e quest’altre: "Aprirono poscia", i francesi, "due tribunali, l’uno in Tournay, e l’altro in Metz; ed arrogandosi una giurisdizione non mai udita nel mondo sopra i principi lor vicini, fecero non solamente aggiudicare alla Francia, con titolo di dipendenze, tutto il paese che saltò loro in capriccio ne’ confini della Fiandra e dell’Imperio, ma se ne posero in via di fatto in possessione, costringendo gli abitanti a riconoscere il re Cristianissimo per sovrano, prescrivendo termini, ed esercitando tutti quegli atti di signoria che sono soliti i principi di praticare co’ sudditi." Ma son parole di quel povero ignorato Parrino1, e non già stralciate da quel suo pezzo di storia, ma portate via insieme con esso: chè spesso il Giannone, in vece di star lì a cogliere un frutto qua e uno là, leva l’albero addirittura, e lo trapianta nel suo giardino. Tutta, si può dire, la relazion della pace di Nimega è presa dal Parrino; come in gran parte, e con molte omissioni, ma con poche aggiunte, il viceregno in Napoli del marchese de los Veles, nel tempo del quale quella pace fu conclusa, e col quale il Parrino chiude la sua opera, e il Giannone il penultimo libro della sua. E probabilmente (stavo per dir di certo), chi si divertisse a farne il confronto intero, per tutto il periodo antecedente della dominazione spagnola in Napoli, con la quale comincia il lavoro del Parrino, troverebbe per tutto, quello che noi abbiam trovato in varie parti, e, se non m’inganno, senza veder mai citato il nome di quel tanto saccheggiato scrittore2. Così dal Sarpi, senza citarlo punto, prende il Giannone molti brani, e tutta l’orditura d’una sua digressione3; come mi fu fatto osservare da una dotta e gentile persona. E chi sa quali altri furti non osservati di costui potrebbe scoprire chi ne facesse ricerca; ma quel tanto che

  1. Giannone, lib. XXXIX, cap. ultimo, pag. 461 e 463 del t. IV, Napoli, Niccolò Naso, 1723. - Parrino, t. III, pag. 553 e 567.
  2. Fu poi citato spesso appiè di pagina in qualche edizione fatta dopo la morte del Giannone; ma il lettore che non sa altro, deve immaginarsi che sia citato come testimonio de’ fatti, non come autore del testo.
  3. Sarpi, Discorso dell’origine, etc. dell’Uffizio dell’inquisizione; Opere varie, Helmstat (Venezia t. I, pag 340. - Giannone, Ist. Civ. lib. XV, cap. ultimo.