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Dico: questa volta; perchè il copiarlo che ha fatto senza citarlo, è cosa degna d’esser notata, se, come credo, non lo fu ancora1. Il racconto, per esempio, della sollevazione della Catalogna, e della rivoluzione del Portogallo, nel 1640 è, nella storia del Giannone, trascritto da quella del Nani, per più di sette pagine in 4°, con pochissime omissioni, o aggiunte, o variazioni, la più considerabile delle quali è d’aver diviso in capitoli e in capoversi un testo che nello scritto originale andava tutto di seguito2. Ma chi mai s’immaginerebbe che l’avvocato napoletano, dovendo raccontare altre sollevazioni, non di Barcellona, nè di Lisbona, ma quella di Palermo, del 1647, e quella di Napoli, contemporanea e più celebre, per la singolarità e per l’importanza degli avvenimenti, e per Masaniello, non trovasse da far meglio, nè da far più che di prendere, non i materiali, ma la cosa bell’e fatta, dall’opera del cavaliere e procurator di san Marco? Chi l’anderebbe a pensare soprattutto dopo aver lette le parole con le quali il Giannone entra in quel racconto? e son queste: “Gli avvenimenti infelici di queste rivoluzioni sono stati descritti da più autori: alcuni gli vollero far credere portentosi, e fuor del corso della natura: altri con troppo sottili minuzie distraendo i leggitori, non ne fecero nettamente concepire le vere cagioni, i disegni, il proseguimento, ed il fine: noi per ciò, seguendo gli scrittori più serj e prudenti, gli ridurremo alla lor giusta e natural positura.” Eppure ognuno può vedere, facendo il confronto, come, subito dopo queste sue parole, il Giannone metta mano a quelle del Nani3, frammischiandoci ogni tanto, e specialmente sul principio, qualcheduna delle sue, facendo qua e là qualche cambiamento, alle volte per necessità, e nella stessa maniera che uno, il qual compri biancheria usata, leva il segno dell’antico padrone, e ci mette il suo. Così, dove il veneziano dice: “in quel regno,” il napoletano sostituisce: “in questo regno;” dove il contemporaneo dice che vi

  1. Il Fabroni (Vitæ Italorum, etc., Petrus Jannonius), cita come scrittori dai quali il Giannone “ha preso i passi interi, invece di ricorrere ai documenti originali, e senza confessarlo schiettamente, il Costanzo, il Summonte, il Parrino, e principalmente il Bufferio.” Ma par difficile che da quest’ultimo (che non abbiam potuto trovare chi sia) prenda più che dal Costanzo, del quale, “Se al principio risponde il fine e il mezzo”, deve aver intarsiata mezza, a dir poco, la storia nella sua; e più che dal Parrino, del quale dovremo dir qualcosa or ora.
  2. Giannone. Ist. Civ. lib. XXXVI, cap V, e il primo capoverso del VI - Nani, Hist. Ven. parte I, lib. XI, pag 651-661 dell’edizione citata.
  3. Giannone, lib. XXXVII, cap. II, III e IV. - Nani, parte II, lib. IV, pag. 146-157.