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della colonna infame. 843

Se di questo disgraziato, il Piazza e il Mora avessero detto solamente ch’era un poco di buono, si vede da vari fatti che saltan fuori nel processo, che non l’avrebbero calunniato. Calunniaron però anche in questo, il suo figliuolo Gaspare; del quale è bensì riferito un fallo, ma è riferito da lui, e in tali momenti, e con tal sentimento, che ne risulta come una prova dell’innocenza e della rettitudine di tutta la sua vita. Ne’ tormenti, in faccia alla morte, le sue parole furon tutte meglio che da uom forte; furon da martire. Non avendo potuto renderlo calunniator di sè stesso, nè d’altri, lo condannarono (non si vede con quali pretesti) come convinto; e dopo l’intimazion della sentenza, l’interrogarono, come al solito, se aveva altri delitti, e chi erano i suoi compagni in quello per cui era stato condannato. Alla prima domanda rispose: io non ho fatto nè questo, nè altri delitti; et moro perchè una volta diedi d’un pugno sopra d’un occhio ad uno, mosso dalla collera. Alla seconda: io non ho alcuni compagni, perchè attendeuo a far li fatti miei; et se non l’ho fatto, non ho nè anche hauuto compagni. Minacciatagli la tortura, disse: V. S. facci quello che vole, che non dirò mai quello che non ho fatto, nè mai condannarò l’anima mia; et è molto meglio che patisca tre o quattro hore de tormenti, che andar nell’inferno a patire eternamente. Messo alla tortura, esclamò nel primo momento: ah, Signore! non ho fatto niente: sono assassinato. Poi soggiunse: questi tormenti forniranno presto; et al mondo di là bisogna starui sempre. Furono accresciute le torture, di grado in grado, fino all’ultimo, e con le torture, l’istanze di dir la verità. Sempre rispose: l’ho già detta; voglio saluar l’anima. Dico che non voglio grauar la conscienza mia: non ho fatto niente.

Non si può qui far a meno di non pensare che se gli stessi sentimenti avessero data al Piazza la stessa costanza, il povero Mora sarebbe rimasto tranquillo nella sua bottega, tra la sua famiglia; e, al pari di lui, questo giovine ancor più degno d’ammirazione, che di compassione, e tant’altri innocenti non avrebbero nemmen potuto immaginarsi che spaventosa sorte sfuggivano. Lui medesimo, chi sa? Certo per condannarlo, non confesso, e su que’ soli indizi, e quando, non essendoci altre confessioni, il delitto stesso non era che una congettura, bisognava violare più svelatamente, più arditamente, ogni principio di giustizia, ogni prescrizion di legge. A ogni modo, non potevano condannarlo a un più mostruoso supplizio; non potevano almeno farglielo soffrire in compagnia d’uno, guardando il quale