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824 STORIA

forma più positiva: sono li Foresari et il Baruello: quelli che gli erano stati nominati e così indicati, nel costituto antecedente.

Dice che il veleno lo teneva nel fornello, cioè dove loro s’erano immaginati che potesse essere; dice come lo componeva, e conclude: buttavo via il resto nella Vedra. Non possiam tenerci qui di non trascrivere una postilla del Verri. "E non avrebbe gettato nella Vetra il resto, dopo la prigionia del Piazza!"

Risponde a caso ad altre domande che gli fanno su circostanze di luogo, di tempo e di cose simili, come se si trattasse d’un fatto chiaro e provato in sostanza, e non ci mancassero che delle particolarità; e finalmente, è messo di nuovo alla tortura, affinchè la sua deposizione potesse valer contro i nominati, e segnatamente contro il commissario. Al quale avevan data la tortura per convalidare una deposizione opposta a questa in punti essenziali! Qui non potremmo allegar testi di leggi, nè opinioni di dottori; perchè in verità la giurisprudenza non aveva preveduto un caso simile.

La confessione fatta nella tortura non valeva, se non era ratificata senza tortura, e in un altro luogo, di dove non si potesse vedere l’orribile strumento, e non nello stesso giorno. Eran ritrovati della scienza, per rendere, se fosse stato possibile, spontanea una confessione forzata, e soddisfare insieme al buon senso, il quale diceva troppo chiaro che la parola estorta dal dolore non può meritar fede, e alla legge romana che consacrava la tortura. Anzi la ragione di quelle precauzioni, la ricavavano gl’interpreti dalla legge medesima, cioè da quelle strane parole: "La tortura è cosa fragile e pericolosa e soggetta a ingannare; giacchè molti, per forza d’animo o di corpo, curan così poco i tormenti, che non si può, con un tal mezzo, aver da loro la verità; altri sono così intolleranti del dolore, che dicon qualunque falsità, piuttosto che sopportare i tormenti1". Dico: strane parole, in una legge che manteneva la tortura; e per intendere come non ne cavasse altra conseguenza, se non che "ai tormenti non si deve creder sempre," bisogna rammentarsi che quella legge era fatta in origine per gli schiavi, i quali, nell’abiezione e nella perversità

  1. Res est (quaestio) fragilis et periculosa, et quae veritatem fallat. Nam plerique, patientia sive duritia tormentorum, ita tormenta contemnunt, ut exprimi eis veritas nullo modo possit, alii tanta sunt impatientia, ut quovis mentiri quam pati tormenta velint. Dig., Lib. XLVIII, tit. XVIII, 1, I, 23.