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816 | STORIA |
Il Mora: non si trouarà mai che siate stato a casa mia.
Dopo di ciò, furon rimandati, ognuno nel suo carcere.
Il capitano di giustizia, nella lettera al governatore, più volte citata, rende conto di quel confronto in questi termini: "Il Piazza animosamente gli ha sostenuto in faccia, esser vero ch’egli riceuè da lui tale unguento, con le circostanze del luogo e del tempo." Lo Spinola dovette credere che il Piazza avesse specificate queste circostanze, contradittoriamente col Mora; e tutto quel sostenere animosamente si riduceva in realtà a un Signor sì, che è vero.
La lettera finisce con queste parole: "Si vanno facendo altre diligenze per scoprire altri complici, o mandanti. Fratanto ho voluto che quello che passa fosse inteso da V.E., alla quale humilmente bacio le mani, et auguro prospero fine delle sue imprese." Probabilmente ne furono scritte altre, che sono perdute. In quanto all’imprese, l’augurio andò a vòto. Lo Spinola, non ricevendo rinforzi, e disperando ormai di prender Casale, s’ammalò, anche di passione, verso il principio di settembre, e morì il 28, mancando sull’ultimo all’illustre soprannome di prenditor di città, acquistato nelle Fiandre, e dicendo (in ispagnolo): m’han levato l’onore. Gli avevan fatto peggio, col dargli un posto a cui erano annesse tante obbligazioni, delle quali pare che a lui ne premesse solamente una: e probabilmente non gliel avevan dato che per questa.
Il giorno dopo il confronto, il commissario chiese d’esser sentito; e, introdotto, disse: il Barbiero ha detto ch’io non sono mai stato a casa sua; perciò V.S. esamini Baldassar Litta, che sta nella casa dell’Antiano, nella Contrada di S. Bernardino, et Stefano Buzzio, che fa il tintore, et sta nel portone per contro S. Agostino, presso S. Ambrogio, li quali sono informati ch’io sono stato nella casa et bottega di detto Barbiero.
Era venuto a fare una tal dichiarazione, di suo proprio impulso? O era un suggerimento fattogli dare da’ giudici? Il primo sarebbe strano, e l’esito lo farà vedere; del secondo c’era un motivo fortissimo. Volevano un pretesto per mettere il Mora alla tortura; e tra le cose che, secondo l’opinione di molti dottori, potevan dare all’accusa del complice quel valore che non aveva da sè, e renderla indizio sufficiente alla tortura del nominato, una era che tra loro ci fosse amicizia. Non però un’amicizia, una conoscenza qualunque; perchè, "a intenderla così," dice il Farinacci, "ogni accusa d’un complice