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778 | STORIA |
Ma con l’andar del tempo, e con l’avanzar del lavoro, vollero modificare anche il linguaggio; e n’abbiam l’attestato dal Farinacci, posteriore ai citati qui, anteriore però all’epoca del nostro processo, e allora autorevolissimo. Dopo aver ripetuto, e confermato con un subisso d’autorità, il principio, che “l’arbitrio non si deve intender libero e assoluto, ma legato dal diritto e dall’equità;” dopo averne cavate, e confermate con altre autorità, le conseguenze, che “il giudice deve inclinare alla parte più mite, e regolar l’arbitrio con la disposizion generale delle leggi, e con la dottrina de’ dottori approvati, e che non può formare indizi a suo capriccio;” dopo aver trattato, più estesamente, credo, e più ordinatamente che nessuno avesse ancor fatto, di tali indizi, conclude: “puoi dunque vedere che la massima comune de’ dottori — gl’indizi alla tortura sono arbitrari al giudice, — è talmente, e anche concordemente ristretta da’ dottori medesimi, che non a torto molti giurisperiti dicono doversi anzi stabilir la regola contraria, cioè che gl’indizi non sono arbitrari al giudice1.” E cita questa sentenza di Francesco Casoni: “è error comune de’ giudici il credere che la tortura sia arbitraria; come se la natura avesse creati i corpi de’ rei perchè essi potessero straziarli a loro capriccio2.”