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della colonna infame | 771 |
“Badi il giudice di non adoprar tormenti ricercati e inusitati; perchè chi fa tali cose è degno d’esser chiamato carnefice piuttosto che giudice,” scrive Giulio Claro1.
“Bisogna alzar la voce (clamandum est) contro que’ giudici severi e crudeli che, per acquistare una gloria vana, e per salire, con questo mezzo, a più alti posti, impongono ai miseri rei nuove specie di tormenti,” scrive Antonio Gomez2.
Diletto e gloria! quali passioni, in qual soggetto! Voluttà nel tormentare uomini, orgoglio nel soggiogare uomini imprigionati! Ma almeno quelli che le svelavano, non si può credere che intendessero di favorirle.
A queste testimonianze (e altre simili se ne dovrà allegare or ora) aggiungeremo qui, che, ne’ libri su questa materia, che abbiam potuti vedere, non ci è mai accaduto di trovar lamenti contro de’ giudici che adoprassero tormenti troppo leggieri. E se, in quelli che non abbiam visti, ci si mostrasse una tal cosa, ci parrebbe una curiosità davvero.
Alcuni de’ nomi che abbiam citati, e di quelli che avremo a citare, son messi dal Verri in una lista di “scrittori, i quali se avessero esposto le crudeli loro dottrine e la metodica descrizione de’ raffinati loro spasimi in lingua volgare, e con uno stile di cui la rozzezza e la barbarie non allontanasse le persone sensate e colte dall’esaminarli, non potevano essere riguardati se non coll’occhio medesimo col quale si rimira il carnefice, cioè con orrore e ignominia3.” Certo, l’orrore per quello che rivelano, non può esser troppo; è giustissimo questo sentimento anche per quello che ammettevano; ma se, per quello che ci misero, o ci vollero metter del loro, l’orrore sia un giusto sentimento, e l’ignominia una giusta retribuzione, il poco che abbiam visto, deve bastare almeno a farne dubitare.
È vero che ne’ loro libri, o, per dir meglio, in qualcheduno, sono, più che nelle leggi, descritte le varie specie di tormenti; ma come consuetudini invalse e radicate nella pratica, non come ritrovati degli scrittori. E Ippolito Marsigli, scrittore e giudice del secolo decimoquinto, che ne fa un’atroce, strana e ributtante lista, allegando