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approvate da essa, a’ suoi precetti passati in consuetudini, era quasi unicamente appropriato il nome di legge: gli atti dell’autorità sovrana, qualunque fosse, si chiamavano ordini, decreti, gride, o con altrettali nomi; e avevano annessa non so quale idea d’occasionale e di temporario. Per citarne un esempio, le gride de’ governatori di Milano, l’autorità de’ quali era anche legislativa, non valevano che per quanto durava il governo de’ loro autori; e il primo atto del successore era di confermarle provvisoriamente. Ogni gridario, come lo chiamavano, era una specie d’Editto del Pretore, composto un poco alla volta, e in diverse occasioni; la scienza invece, lavorando sempre, e lavorando sul tutto; modificandosi, ma insensibilmente; avendo sempre per maestri quelli che avevan cominciato dall’esser suoi discepoli, era, direi quasi, una revisione continua, e in parte una compilazione continua delle Dodici Tavole, affidata o abbandonata a un decemvirato perpetuo.

Questa così generale e così durevole autorità di privati sulle leggi, fu poi, quando si vide insieme la convenienza e la possibilità d’abolirla, col far nuove, e più intere, e più precise, e più ordinate leggi, fu, dico, e, se non m’inganno, è ancora riguardata come un fatto strano e come un fatto funesto all’umanità, principalmente nella parte criminale, e più principalmente nel punto della procedura. Quanto fosse naturale s’è accennato; e del resto, non era un fatto nuovo, ma un’estensione, dirò così, straordinaria d’un fatto antichissimo, e forse, in altre proporzioni, perenne; giacchè, per quanto le leggi possano essere particolarizzate, non cesseranno forse mai d’aver bisogno d’interpreti, nè cesserà forse mai che i giudici deferiscano, dove più, dove meno, ai più riputati tra quelli, come ad uomini che, di proposito, e con un intento generale, hanno studiato la cosa prima di loro. E non so se un più tranquillo e accurato esame non facesse trovare che fu anche, comparativamente e relativamente, un bene; perchè succedeva a uno stato di cose molto peggiore.

È difficile infatti che uomini i quali considerano una generalità di casi possibili, cercandone le regole nell’interpretazion di leggi positive, o in più universali ed alti principi, consiglin cose più inique, più insensate, più violente, più capricciose di quelle che può consigliar l’arbitrio, ne’ casi diversi, in una pratica così facilmente appassionata. La quantità stessa de’ volumi e degli autori, la moltiplicità e, dirò così, lo sminuzzamento progressivo delle regole da essi