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CAPITOLO XXXV. 679

la carità, sublimata nell’estremo dell’opera, ed esultante di sentirsi vicina al suo principio, ci rimettesse un fuoco più ardente e più puro di quello che l’infermità ci andava a poco a poco spegnendo.

“Ma tu,” proseguiva, “come sei qui? perché vieni così ad affrontar la peste?”

“L’ho avuta, grazie al cielo. Vengo... a cercar di... Lucia.”

“Lucia! è qui Lucia?”

“È qui: almeno spero in Dio che ci sia ancora.”

“È tua moglie?”

“Oh caro padre! no che non è mia moglie. Non sa nulla di tutto quello che è accaduto?”



“No, figliuolo: da che Dio m’ha allontanato da voi altri, io non n’ho saputo più nulla; ma ora ch’Egli mi ti manda, dico la verità che desidero molto di saperne. Ma... e il bando?”

“Le sa dunque, le cose che m’hanno fatto?”

“Ma tu, che avevi fatto?”

“Senta, se volessi dire d’aver avuto giudizio, quel giorno in Milano, direi una bugia; ma cattive azioni non n’ho fatte punto.”

“Te lo credo, e lo credevo anche prima.”

“Ora dunque le potrò dir tutto.”