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CAPITOLO XXIX. 557

quelle sue solite chiacchiere che non concludon nulla. Piuttosto, quel che mi dà noia...”

“Cosa c’è?”

Perpetua, la quale, in quel pezzo di strada, aveva pensato con comodo al nascondimento fatto in furia, cominciò a lamentarsi d’aver dimenticata la tal cosa, d’aver mal riposta la tal altra; qui, d’aver lasciata una traccia che poteva guidare i ladroni, là...

“Brava!” disse don Abbondio, ormai sicuro della vita, quanto bastava per poter angustiarsi della roba: “brava! così avete fatto? Dove avevate la testa?”

“Come!” esclamò Perpetua, fermandosi un momento su due piedi, e mettendo i pugni su’ fianchi, in quella maniera che la gerla glielo permetteva: “come! verrà ora a farmi codesti rimproveri, quand’era lei che me la faceva andar via, la testa, in vece d’aiutarmi e farmi coraggio! Ho pensato forse più alla roba di casa che alla mia; non ho avuto chi mi desse una mano; ho dovuto far da Marta e Maddalena; se qualcosa anderà a male, non so cosa mi dire: ho fatto anche più del mio dovere.”