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556 | I PROMESSI SPOSI |
buon pensiero.” E messa la gerla sur un tavolino, passò le braccia nelle cigne, e la prese sulle spalle.
“Non si potrebbe,” disse don Abbondio, “trovar qualche uomo che venisse con noi, per far la scorta al suo curato? Se incontrassimo qualche birbone, che pur troppo ce n’è in giro parecchi, che aiuto m’avete a dar voi altre?”
“Un’altra, per perder tempo!” esclamò Perpetua. “Andarlo a cercar ora l’uomo, che ognuno ha da pensare a’ fatti suoi. Animo! vada a prendere il breviario e il cappello; e andiamo.”
Don Abbondio andò, tornò, di lì a un momento, col breviario sotto il braccio, col cappello in capo, e col suo bordone in mano; e uscirono tutt’e tre per un usciolino che metteva sulla piazzetta. Perpetua richiuse, più per non trascurare una formalità, che per fede che avesse in quella toppa e in que’ battenti, e mise la chiave in tasca. Don Abbondio diede, nel passare, un’occhiata alla chiesa, e disse tra i denti: “al popolo tocca a custodirla, che serve a lui. Se hanno un po’ di cuore per la loro chiesa, ci penseranno; se poi non hanno cuore, tal sia di loro.”
Presero per i campi, zitti zitti, pensando ognuno a’ casi suoi, e guardandosi intorno, specialmente don Abbondio, se apparisse qualche figura sospetta, qualcosa di straordinario. Non s’incontrava nessuno: la gente era, o nelle case a guardarle, a far fagotto, a nascondere, o per le strade che conducevan direttamente all’alture.
Dopo aver sospirato e risospirato, e poi lasciato scappar qualche interiezione, don Abbondio cominciò a brontolare più di seguito. Se la prendeva col duca di Nevers, che avrebbe potuto stare in Francia a godersela, a fare il principe, e voleva esser duca di Mantova a dispetto del mondo; con l’imperatore, che avrebbe dovuto aver giudizio per gli altri, lasciar correr l’acqua all’ingiù, non istar su tutti i puntigli: ché finalmente, lui sarebbe sempre stato l’imperatore, fosse duca di Mantova Tizio o Sempronio. L’aveva principalmente col governatore, a cui sarebbe toccato a far di tutto, per tener lontani i flagelli dal paese, ed era lui che ce gli attirava: tutto per il gusto di far la guerra. “Bisognerebbe,” diceva, “che fossero qui que’ signori a vedere, a provare, che gusto è. Hanno da rendere un bel conto! Ma intanto, ne va di mezzo chi non ci ha colpa.”
“Lasci un po’ star codesta gente; che già non son quelli che ci verranno a aiutare,” diceva Perpetua. “Codeste, mi scusi, sono di