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426 | I PROMESSI SPOSI |
“Ma...” replicò il cappellano, senza moversi: “vossignoria illustrissima deve sapere chi è costui: quel bandito, quel famoso...”
“E non è una fortuna per un vescovo, che a un tal uomo sia nata la volontà di venirlo a trovare?”
“Ma...” insistette il cappellano: “noi non possiamo mai parlare di certe cose, perchè monsignore dice che le son ciance: però, quando viene il caso, mi pare che sia un dovere... Lo zelo fa de’ nemici, monsignore; e noi sappiamo positivamente che più d’un ribaldo ha osato vantarsi che, un giorno o l’altro...”
“E che hanno fatto?” interruppe il cardinale.
“Dico che costui è un appaltatore di delitti, un disperato, che tiene corrispondenza co’ disperati più furiosi, e che può esser mandato...”
“Oh, che disciplina è codesta,” interruppe ancora sorridendo Federigo, “che i soldati esortino il generale ad aver paura?” Poi, divenuto serio e pensieroso, riprese: “san Carlo non si sarebbe trovato nel caso di dibattere se dovesse ricevere un tal uomo: sarebbe andato a cercarlo. Fatelo entrar subito: ha già aspettato troppo.”
Il cappellano si mosse, dicendo tra sè: — non c’è rimedio: tutti questi santi sono ostinati. —