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18 | i promessi sposi |
“Cosa comanda?” rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo.
“Lei ha intenzione,” proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull’intraprendere una ribalderia, “lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!”
“Cioè...” rispose, con voce tremolante, don Abbondio: “cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune.”
“Or bene,” gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tono solenne di comando, “questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai.”
“Ma, signori miei,” replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, “ma, signori miei,