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se, anzi come vadano; perchè, in questo particolare, credo ci sia poco o nulla di mutato.

Il forese che non sa scrivere, e che si trova al punto di avere a scrivere, si rivolge ad uno che conosca quell’arte, pigliandolo, per quanto può, fra quelli della sua condizione, perchè degli altri si perita o si fida poco; lo informa, con più o meno ordine e perspicuità, degli antecedenti; e gli espone nello stesso modo i concetti da descriversi. Il letterato, parte intende, parte frantende, dà qualche consiglio, propone qualche cangiamento, dice: lasciate fare a me; piglia la penna, tira come può, dalla lingua parlata alla scritta il concetto che ha ricevuto, lo corregge a suo modo, lo migliora, carica la mano, oppure smorza, omette anche, secondochè gli pare tornar meglio alla cosa: perchè, non c’è rimedio, chi ne sa più degli altri non vuol essere stromento materiale nelle loro mani; e quando entra negli affari altrui, vuol anche fargli andare a suo modo. Con tutto ciò, al letterato suddetto non vien sempre fatto di dire tutto quello che vorrebbe; talvolta gli accade di dire tutt’altro: accade anche a noi, che scriviamo per la stampa. Quando la lettera così conchiusa perviene alle mani del corrispondente, che egualmente non ha pratica