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parata, vide con ammirazione, tutti in un mucchio e suoi, tanti di quei ruspi, de’ quali non aveva forse mai veduto più d’un per volta, e anche di rado; li noverò, penò alquanto d’ora a rimetterli insieme, e a farli star di costa tutti e cento, che ad ogni tratto facevano pancia e sguizzavano dalle sue dita inesperte; ricomposto finalmente un rotoletto alla meglio, lo pose in un cencio, ne fece un involto, un batuffoletto, e legatolo bene, attorno attorno, con una cordicella, lo andò a ficcare in un angolo del suo pagliericcio. Pel rimanente di quel giorno, non fe’ altro che mulinare, far disegni nell’avvenire, e sospirare intanto il domani. Postasi a letto, stette buon tempo desta, col pensiero in compagnia di quei cento che aveva sotto: addormentata, li vide in sogno. All’alba, si levò, e si mise tosto in cammino alla volta della villa, dove si trovava Lucia.

Questa, dalla sua parte, quantunque non le si fosse scemata in nulla quella gran renitenza a parlare del voto, pure era risoluta di farsi forza, e di aprirsene colla madre, in quel colloquio, che per lungo tempo doveva chiamarsi l’ultimo.

Appena poterono esser sole, Agnese, con una faccia tutta animata, e insieme in un tuono