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farvi del male, non è cosa da pigliarsene gran fastidio: massime che c’è stato di mezzo quel decreto grazioso, per la nascita del serenissimo infante. E poi la peste! la peste! ha dato di penna a di gran cose la peste! Sicchè, se volete.... oggi è giovedì.... domenica vi dico in chiesa; perchè quel che si è potuto fare altra volta, non conta più niente, dopo tanto tempo; e poi ho la consolazione di maritarvi io.”

“Ella sa che eravamo venuti appunto per questo,” disse Renzo.

“Benissimo; e io vi servirò: e voglio darne parte subito a sua eminenza.”

“Chi è sua eminenza?” domandò Agnese.

“Sua eminenza,” rispose don Abbondio, “è il nostro signor cardinale arcivescovo, che Dio conservi.”

“Oh, in questo mi scusi,” replicò Agnese: “chè, sebbene io sia una povera ignorante, le posso certificare che non gli si dice così; perchè, quando siamo state la seconda volta per parlargli, come parlo a lei, a uno di quei signori preti mi tirò da parte, e m’insegnò come si doveva trattare con quel signore, e che gli si doveva dire vossignoria illustrissima, e monsignore.”

“E adesso, se vi dovesse tornare a inse-