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ni, a che sorta di creature andranno indosso: quelli per Lucia, il corredo davvero che ha da servire per lei, ci penserà un’anima buona, la quale tu non sai nè anche che la ci sia.”

La prima cura di Agnese fu quella di preparare nella sua povera casetta l’alloggio il più decente che potesse a quell’anima buona: poi andò in cerca di seta da dipanare; e col suo aspo ingannava gli indugi.

Renzo, dal canto suo, non passò in ozio quei giorni già tanto lunghi per sè: sapeva far due mestieri per buona sorte; si rimise a quello del contadino. Parte aiutava il suo ospite, pel quale era una gran ventura l’avere in un tal tempo spesso al suo comando un’opera, e un’opera di quella abilità; parte coltivava e rimetteva in onore l’orticello d’Agnese trasandato affatto nell’assenza di lei. Quanto al suo proprio podere, non ci pensava punto, dicendo ch’ell’era una parrucca troppo scarmigliata, e che ci voleva altro che due braccia a ravviarla. Nè vi metteva pure il piede; nè manco in casa: chè gli avrebbe fatto male a vedere quella desolazione; e aveva già preso il partito di disfarsi d’ogni cosa, a qualunque prezzo, e d’impiegare nella nuova patria quel tanto che ne potrebbe ritrarre.