Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/374

368

viso, si sarebbe fatto ancor più specie. Quanto a stanco, lo poteva essere, ma non ne sapeva nulla: e il freschetto del mattino sopraggiunto a quello della notte e di quel poco bagno, non gli dava altro che una fierezza, una voglia d’andar più in fretta.

È a Pescate; costeggia quell’ultimo tratto dell’Adda, dando però un’occhiata malinconica a Pescarenico; passa il ponte; per vie e per campi, arriva in breve alla casa dell’ ospite amico. Questi che, appena levato, stava in sull’uscio a guardare il tempo, alzò gli occhi a quella figura così guazzosa, così fangosa, diciam pure così lercia, e insieme così viva e disinvolta: a’ suoi giorni non aveva veduto un uomo peggio conciato e più contento.

“Ohe!” disse: “già qui? e con questo tempo? Come è ella andata?”

“La c’è,” disse Renzo: “la c’è: la c’è.”

“Sana?”

“Guarita, che è meglio. Ho da ringraziarne il Signore e la Madonna per fin che campo. Ma, cose grandi, cose di fuoco: ti conterò poi tutto.”

“Ma come sei aggiustato!”

“Son bello eh?”

“A dir la verità, potresti adoperare il da