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CAPITOLO XXXVII.


Appena in fatti ebbe Renzo varcato la soglia del lazzeretto e preso la via (alla dritta, per ritrovare il viottolo dond’era sbucato il mattino sotto le mura), cominciò come una gragnuola di goccioloni grandi e radi, che, battendo e risaltando sulla via bianca e arida, sollevavano un minuto polverìo; ben tosto si spessarono in pioggia; e prima ch’egli giugnesse al viottolo, la veniva giù a secchie. Egli, lunge dal darsene fastidio, vi sguazzava sotto, si godeva in quella rinfrescata, in quel borboglìo, in quel brulichio dell’erbe e delle foglie, mosse, sgocciolanti, rinverdite, lucenti; mandava certi respironi larghi e pieni; e in quel risolvimento della natura sentiva come più liberamente e più vivamente quello che s’era fatto nel suo destino.

Ma, quanto più schietto e pieno sarebbe stato questo suo sentimento, s’egli avesse