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ce spettatore. Ma Renzo guardava, esaminava, di fila in fila, di faccia in faccia, senza trapassarne una; chè l’andar lento lento della processione gliene dava agio bastante. Passa e passa; guarda e guarda; sempre per niente: gittava mezze occhiate alla torma che rimaneva ancora addietro, e che si andava scemando: sono ormai poche file; siamo all’ultima; son tutte passate; furon tutti visi sconosciuti. Colle braccia spenzolate, e colla testa piegata su una spalla, lasciò andar l’occhio dietro a quella schiera, mentre gli passava dinanzi quella degli uomini. Una nuova attenzione, una nuova speranza gli nacque al veder dopo questi comparire alcuni carri, che portavano i convalescenti non abili ancora al cammino. Quivi le donne venivano ultime; e il treno progrediva pur così adagio che Renzo potè ugualmente rassegnar tutte quell’altre convalescenti, senza che una gli sfuggisse. Ma che? esamina il primo carro, il secondo, il terzo, e via discorrendo, sempre con la stessa riuscita, fino ad uno, dietro cui non veniva più che un altro cappuccino, con un aspetto serio, e con un bastone in mano, come regolatore del convoglio. Era quel padre Michele che abbiam detto essere stato dato per coadiutore nel governo al padre Felice.