Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/312


307

su quel luogo era ancor passata un’ora amara al par di questa.

Già s’era il giovane aggirato buona pezza e senza frutto per quell’andirivieni di capanne, quando, nella varietà de’ lamenti e nella confusione del mormorio, cominciò a distinguere un misto singolare di vagiti e di belati; fin che capitò dinanzi a un assito scheggiato e scommesso, da entro il quale veniva quel suono straordinario. Pose l’occhio a un largo spiraglio, tra due asse, e vide un chiuso, con entro capanne sparse, e, così in quelle, come nel picciol campo, non la solita infermeria, ma bambinelli corcati sopra coltricette, o guanciali, o lenzuola distese o pannicelli; e balie e altre donne in faccenda; e, ciò che più di tutto attraeva e fermava lo sguardo, capre mescolate con quelle e fatte loro coadiutrici: uno spedale d’innocenti quale il luogo e il tempo potevan darlo. Era, dico, nuova cosa a vedere alcune di quelle bestie, ritte e quete sopra questo e quel bambino, dargli la poppa; e qualche altra accorrere ad un vagito, come con senso materno, e fermarsi presso il picciolo chiamante, e procurar di acconciarvisi sopra, e belare, e dimenarsi, quasi domandando chi venisse in aiuto ad entrambi.