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CAPITOLO XXXV.


S’imagini il lettore la chiostra del lazzeretto popolata di sedici mila appestati; quell’area tutta ingombra, dove di capanne e di trabacche, dove di carri, dove di gente; quelle due interminate fughe di portico, a dritta e a sinistra; coperte, gremite di languenti o di cadaveri prostrati sopra stramazzi, o in sulla paglia; e su tutto quel quasi immenso covile, un brulichìo, un sommovimento, come un mareggio; e per entro, un andare e, venire, un restare, un correre, un chinarsi, un sorgere, di convalescenti, di frenetici, di assistenti. Tale fu lo spettacolo che riempiè a un tratto la vista di Renzo, e lo tenne lì, sopraffatto e compreso. Nè questo spettacolo noi ci proponiamo di descriverlo a parte a parte, di che, certo, nessun lettore ci saprebbe grado; solo, seguendo il nostro giovane nella sua penosa andata, ci fermeremo alle sue fermate,