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“dagli! dagli! l’untore!;” sentiva appressarsi il calpestìo dei più veloci ad inseguirlo. L’ira divenne rabbia, l’angoscia si cangiò in disperazione; gli si fece come un velo dinanzi agli occhi; diè di pigliò al suo coltellaccio, lo sfoderò, tenne il piede, torse la vita, volse indietro il viso più torvo e più cagnesco che avesse ancor fatto a’ suoi dì; e, col braccio teso brandendo in aria la lama luccicante, gridò: “chi ha cuore, venga innanzi, canaglia! che l’ugnerò io da vero con questo.”
Ma, con meraviglia e con un sentimento confuso di consolazione, vide che i suoi persecutori s’eran già fermati, a qualche distanza, come esitanti, e che, urlando tuttavia, facevano colle mani levate, certi lor cenni da spiritati, come a gente lontana dietro a lui. Si tornò a volgere, scerse dinanzi a sè, e non molto discosto, (chè il gran turbamento non ne lo aveva lasciato accorgere un momento prima) un carro che s’avanzava, anzi una fila di que’ soliti carri funerei, col solito accompagnamento; e al di là un altro drappelletto di gente che avrebbe pur voluto dare addosso dal canto suo all’untore, e prenderlo in mezzo; ma erano anch’essi rattenuti dall’impedimento medesimo. Vistosi così tra due fuochi, gli cadde in mente che ciò che era di terrore