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“Chi? io! ah bugiarda strega! taci lì,” gridò Renzo; e diè un balzo alla volta di lei, per impaurirla e farla tacere. Ma s’accorse in quella di dover piuttosto pensare ai casi suoi. Allo strillar della donna, accorreva gente dalle due bande, non la turba che, in un caso simile, si sarebbe fatta tre mesi prima; ma troppo più che non era di bisogno per ischiacciare un uomo. Nello stesso istante s’aperse di nuovo la finestra e quella medesima scortese di poco innanzi vi si mostrò questa volta in pieno, e gridava anch’essa: “pigliatelo, pigliatelo; ch’egli ha essere un di que’ ghiotti che vanno attorno a ugner le porte de’ galantuomini.”

Renzo deliberò in un baleno essere miglior partito sbrigarsi da coloro, che rimanere a giustificarsi; gittò l’occhio di qua e di là, da che parte fosse men popolo; e da quella la dette a gambe. Ributtò con un urtone uno che gli sbarrava la strada; con un gran punzone nel petto fe’ dare addietro otto o dieci passi un altro che gli accorreva incontro; e via di galoppo, col pugno in aria, stretto, nocchiuto, a ordine per chi altri gli fosse venuto fra’ piedi. La via dinanzi era sgombra; ma dietro le spalle sentiva egli risonarsi più e più forti all’orecchio quelle grida amare: