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circuito, scontrato un solo in cui non apparisse qualche cosa di strano e di bastante per sè a dare argomento d’una funesta mutazione di cose. Si vedevano gli uomini più qualificati, senza cappa nè mantello, parte allora essenzialissima d’ogni civile abbigliamento; senza sottana i preti, i frati senza cocolle; dismessa in somma ogni maniera d’abito che potesse cogli svolazzi toccar qualche cosa, o dare (il che era più temuto di tutto il resto) agio agli untori. E fuor di questa cura d’andar succinti e ristretti al possibile, negletta e disacconcia ogni persona; lunghe le barbe di quelli che usavano portarle, cresciute a quelli che avevano in costume di raderle; lunghe pure e incolte le capigliature, non solo per quella trascuranza che nasce da un invecchiato abbattimento, ma per esser divenuti sospetti i barbieri, da che era stato preso e condannato, come untor famoso, l’un d’essi, Giangiacomo Mora: nome che, per gran tempo dappoi, serbò una celebrità municipale d’infamia, e ne meriterebbe una ben più diffusa e perenne di pietà. I più tenevano da una mano un bastone, quale anche una pistola, per avvertimento minaccioso a chi avesse voluto appressarsi di soverchio; dall’altra pastiglie odorose o palle di metallo o di legno