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tendere mentre era quivi fermo a discorrere: un romor di ruote e di cavalli, con uno squillar di campanelli, e tratto tratto uno scoppiar di fruste e un levar di grida. Guardava innanzi, ma non vedeva nulla. Pervenuto allo sbocco di quella torta via, e affacciatosi alla piazza di san Marco, la cosa che prima gli colpì lo sguardo, furono due travi alzate, con una corda e con certe carrucole; e non tardò a riconoscere (ch’ell’era cosa famigliare in quel tempo) l’abominevole macchina del tormento. Era posta in quel luogo, e non in quello soltanto, ma in tutte le piazze e nelle vie più spaziose, affinchè i deputati d’ogni quartiere, muniti a questo d’ogni facoltà più arbitraria, potesserò farvi applicare immediatamente chiunque paresse loro meritevole di pena, o sequestrati che uscissero di casa, o ministri renitenti agli ordini, o chi che fosse altri: era uno di quei rimedii immoderati e inefficaci dei quali, a quel tempo, e in quei momenti specialmente, si faceva tanto scialacquo.
Or mentre Renzo guarda quello stromento, pensando a che possa essere alzato in quel luogo, e sentendo intanto avvicinarsi il romore; ecco vede spuntar dal canto della chiesa un uomo che scoteva un campanello: era