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voleva parlare. Eppure quello era l’unico filo che lo potesse condurre a trovar conto di Lucia. Quanto alla giustizia, potè confermarsi sempre più ch’egli era pericolo abbastanza rimoto, per non darsene troppo pensiero: il signor podestà era morto della peste: chi sa quando gli si manderebbe uno scambio; la sbirraglia pure se n’era ita la più parte; quei che rimanevano, avevan tutt’altro da pensare che alle cose vecchie.

Raccontò anch’egli all’amico le sue vicende, e n’ebbe in ricambio cento storie, del passaggio dell’esercito, della peste, di untori, di prodigi. “Son cose brutte,” disse l’amico, accompagnando Renzo in una sua stanzetta che il contagio aveva vota d’abitatori, “cose che non si sarebbe mai creduto di vedere, cose da non tornarne più allegri, per tutta la vita; ma però, a parlarne tra amici, è un sollievo.”

A giorno, erano entrambi da basso; Renzo in ordine di viaggiare, colla sua cintura nascosta sotto il farsetto, e il coltellaccio in tasca, del resto spedito e leggiero: il fardelletto lo lasciò in deposito presso all’ospite. “Se la mi va bene,” gli disse: “se la trovo in vita, se..... basta..... torno per di qua; corro a Pasturo, a dar la buona nuova a