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un vangelo di superbia e d’odio; e non vuol che si dica che l’amore della vita sia una ragione per trasgredirne i comandamenti. Non lo vuole; ed è obedito. E noi! noi figli e annunziatori della promessa! Che sarebbe la Chiesa, se codesto vostro linguaggio fosse quello di tutti i vostri confratelli? Dove sarebb’ella, se fosse comparsa nel mondo con codeste dottrine?”

Don Abbondio teneva il capo basso: il suo spirito stava tra quegli argomenti, come un pulcino negli artigli del falco, che lo tengono sollevato in una regione sconosciuta, in un’aria che non ha mai respirata. Vedendo che qualche cosa bisognava rispondere, disse, con una tal sommissione impersuasa: “monsignore, avrò il torto. Quando la vita non s’ha da contare, non so che dire. Ma quando s’ha che fare con certa gente, con gente che ha la forza, e che non vuol sentir ragione, anche a voler fare il bravo, non saprei che cosa ci si potesse guadagnare. È un signore quello, con cui non si può nè vincerla a nè pattarla.”

“E non sapete voi che il soffrire per la giustizia è il nostro vincere? E se non sapete questo, che cosa predicate? di che siete maestro? quale è la buona nuova che