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natti la proposta di venire a quella spedizione, e di divider le spoglie.

“Sta quieto, sta quieto,” diceva allo sventurato Rodrigo l’aguzzino che lo teneva appuntellato in sul letto. E volgendo poscia il viso ai due che facevan bottino, gridava loro: “fate le cose da galantuomini!”

“Tu! tu!” mugghiava don Rodrigo incontro al Griso, cui vedeva affaccendarsi a spezzare, a cavar fuori danaro, roba, a spartire. “Tu! Dopo......! Ah diavolo dell’inferno! Posso ancora guarire! posso guarire!” Il Griso non fiatava, nè, per quanto poteva, si volgeva pure al luogo donde venivano quelle parole.

“Tienlo ben saldo,” diceva l’altro monatto: “è frenetico.”

Il misero lo divenne affatto. Dopo un ultimo e più violento sforzo di grida e di contorcimenti, cadde tutto a un tratto sfinito e istupidito: guardava però ancora, come incantato, e tratto tratto dava qualche crollo, mandava qualche guaio.

I monatti lo pigliarono, l’un dappiè e l’altro dalle spalle, e lo andarono a deporre sur una barella che avevan lasciata nella stanza vicina; poi uno tornò a prendere il bottino; quindi, levato il miserabile peso, ne lo portarono.