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“Monsignore,” disse don Abbondio, facendosi piccin piccino, “non ho già voluto dire.... Ma mi è sembrato che, essendo a cose intralciate, cose vecchie e senza rimedio, fosse inutile di rimescolare.... Però, però, dico, so che vossignoria illustrissima non vuol tradire un suo povero paroco. Perchè, vede bene, monsignore; vossignoria illustrissima non può essere da per tutto; e io resto qui esposto.... Pure, quando ella comanda così, dirò, dirò tutto.”

“Dite: io non vorrei altro, che trovarvi senza colpa.”

Allora don Abbondio si fece a raccontare la dolorosa storia; ma soppresse il nome principale, e vi sostituì: un gran signore; dando così alla prudenza tutto quel poco che si poteva, in una tale stretta.

“E non avete avuto altro motivo?” chiese il cardinale, udito bene il tutto.

“Ma forse non mi sono spiegato abbastanza,” rispose don Abbondio: “sotto pena della vita, m’hanno intimato di non fare quel matrimonio.”

“E vi par codesta una ragione bastante, per omettere un dovere preciso?”

“Io ho sempre cercato di farlo, il mio dovere, anche con mio grave incomodo, ma quando si tratta della vita....