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fosse possibile. “Diavolo, ch’ e’ mi dia tanto fastidio!”

Il Griso tolse il lume, e, augurato la buona notte al padrone, se ne andò in fretta, mentre quegli si cacciava sotto la coltre.

Ma la coltre gli parve una montagna. La gittò via, e si rannicchiò, per dormire; chè infatti moriva di sonno. Ma, appena chiuso l’occhio, si ridestava in sussulto, come se un dispettoso fosse venuto a dargli uno scrollo; e sentiva cresciuto il caldo, cresciuta la smania. Si gittava col pensiero all’agosto, alla vernaccia, al disordine; avrebbe voluto poter dar loro la colpa di tutto; ma a queste idee si sostituiva sempre da per sè quella che allora era associata con tutte, che entrava, a dir così, per tutti i sensi, che s’era intromessa in tutti i discorsi dello stravizzo, giacchè era ancora più facile torla in motteggio, che prescinderne: la peste.

Dopo un lungo battagliare, s’addormentò finalmente, e cominciò a fare i più scuri e scompigliati sogni del mondo. E d’uno in altro, gli parve di trovarsi in una gran chiesa, innanzi innanzi, in mezzo a una calca di popolo; di trovarvisi, chè non sapeva come si fosse cacciato colà, come gliene fosse venuto il pensiero, di quel tempo massimamente; e