Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/232


227


V’ebbe però di quelli che pensarono fino alla fine, e sempre poi, che tutto fosse imaginazioni: e lo sappiamo, non da loro, chè nessuno fu abbastanza ardito per esporre al publico un sentimento così opposto a quello del publico; lo sappiamo dagli scrittori che lo deridono o lo riprendono o lo confutano, come un pregiudizio d’alcuni, un errore che non s’attentava di venire a disputa palese, ma che pur viveva; lo sappiamo anche da chi lo aveva ricavato dalla tradizione. “Ho trovato gente savia in Milano,” dice il buon Muratori, nel luogo sopraccitato, “che aveva buone a relazioni dai loro maggiori, e non era molto a persuasa che fosse vero il fatto di quegli unti velenosi.” Si vede ch’egli era uno sfogo segreto della verità, una confidenza domestica: il buon senso v’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune.

I magistrati, diradati ogni giorno, smarriti e confusi in ogni cosa, tutta, per dir così, quella poca vigilanza, quella poca risoluzione di che erano capaci, la rivolgevano a cercar

    fariam, fraudisque vias esse complures: quarum sane fraudum et artium, aliis quidem assentimur, alias vero fictas fuisse commentitiasque arbitramur.— De pesta quae, Mediolani, anno 1630, magnam stragem edidit. Cap. V.