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La processione passò per tutti i quartieri della città: ad ognuno de’ crocicchi, o delle piazzette che sono allo sbocco delle vie principali nei borghi, e che allora serbavano l’antico nome di carrobii, ora rimasto ad un solo, si faceva una fermata, posando l’arca presso alla croce, che in ognuno era stata eretta da san Carlo, nella pestilenza antecedente, e delle quali alcune sono tuttavia in piede: tanto che non si tornò al duomo, se non ben oltre il mezzo giorno.

Ed ecco che, il dì seguente, mentre appunto regnava quella presontuosa fiducia, anzi in molti una fanatica sicurezza che la processione dovesse aver troncata la peste, le morti crebbero, in ogni classe, in ogni parte della città, a una dismisura tale, con un salto così subitaneo, che non v’ebbe quasi chi non ne vedesse la causa o l’occasione nella processione medesima. Ma, oh forze mirabili e dolorose d’un pregiudizio generale! non già al tanto e così prolungato stivamento delle persone, non alla infinita moltiplicazione dei contatti fortuiti, attribuivano i più quell’effetto; lo attribuivano alla facilità che gli untori vi avessero trovata di eseguire in grande il loro empio disegno. Si disse che, mescolati nella folla, avessero infettate col loro unguento

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