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stessa Camera; domandassero finalmente quattro cose: che le imposizioni fossero, come già allora, sospese; la Camera desse danari; desse il governatore parte al re, delle miserie della città e della provincia; scusasse da nuovi alloggiamenti militari il ducato, già consumato e distrutto dai passati. Lo Spinola diede in risposta condoglianze, e nuove esortazioni: dolergli di non poter trovarsi nella città, per impiegare ogni sua cura in sollievo di quella; ma sperare che a tutto avrebbe supplito lo zelo di quei signori: questo essere il tempo di spendere senza risparmio, d’ingegnarsi in ogni maniera: quanto alle domande espresse, avrebbe proveduto nel miglior modo che il tempo e le necessità presenti avessero conceduto. Nè altro ne fu: v’ebbe bene nuove andate e venute, domande e risposte; ma non trovo che se ne venisse a più strette conclusioni. Più tardi, nel maggior fervore della pestilenza, il governatore stimò di trasferire con lettere patenti la sua autorità nel gran cancelliere Ferrer, avendo egli, come scrisse, da attendere alle guerra.

Insieme con quella risoluzione, i decurioni ne avevan presa un’altra: di domandare al cardinale arcivescovo, che si facesse una processione solenne, portando per la città il corpo di san Carlo.