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cheduno ne moriva: e la radezza stessa dei casi allontanava il sospetto della peste, confermava sempre più l’universale in quella stupida e micidiale fidanza che peste non ci fosse, nè ci fosse stata pure un momento. Molti medici ancora, facendo eco alla voce del popolo, (era essa, anche in questo caso, voce di Dio?) deridevano gli augurii sinistri, gli avvertimenti minacciosi dei pochi; e avevano in pronto nomi di malattie comuni, per qualificare ogni caso di peste, che fossero chiamati a curare; con qualunque sintomo, con qualunque segnale si fosse mostrato.

Gli avvisi di questi accidenti, quando pur giugnevano alla Sanità, vi giugnevano tardi per lo più e incerti. Il terrore della contumacia e del lazzeretto aguzzava tutti gl’ingegni: si dissimulavano i malati, si corrompevano i sotterratori e gli anziani; da subalterni del tribunale stesso, deputati da esso a visitare i cadaveri, s’ebbero a prezzo falsi attestati.

Siccome però, ad ogni scoperta che gli riuscisse di fare, il tribunale ordinava di abbruciar robe, metteva in sequestro case, mandava famiglie al lazzeretto, così è facile argomentare quanta dovesse essere contro di esso l’ira e la mormorazione dell’universale,