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vano quivi governato, e un buon frate che lo aveva assistito, caddero pur essi infermi, fra pochi giorni, tutti e tre di peste. Il dubbio che ivi si era avuto, fin da principio della natura del male, e le cautele usate in conseguenza, fecero sì che il contagio non vi si propagasse di più.

Ma il soldato ne aveva lasciata di fuori una semenza, che non tardò a germogliare. Il primo in cui scoppiasse, fu il padrone della casa dove quegli aveva alloggiato, un Carlo Colonna sonatore di liuto. Allora tutti gli inquilini di quella casa furono, d’ordine della Sanità, condotti al lazzeretto; dove la più parte si posero giù, alcuni morirono in breve, di manifesto contagio.

Nella città, quello che già c’era stato disseminato per la pratica di costoro, per vesti e arredi loro, trafugati da parenti, da pigionali, da serventi alle ricerche e al fuoco prescritto dal tribunale, e quello di più che c’entrava di nuovo, per la difettuosità degli ordini, per la trascuranza nell’eseguirli e per la destrezza nell’eluderli, andò covando e serpendo lentamente, tutto il restante dell’anno, e nei primi mesi del susseguente 1630. Di quando in quando, ora in questo, ora in quel quartiere, qualche persona ne era presa, qual-