dottieri, si raccontavano di alcuni le imprese passate, si specificavano le stazioni, e le marce: quel giorno il tale reggimento si spandeva nei tali paesi, domani andrebbe addosso ai tali altri, dove intanto il tal altro faceva il diavolo e peggio. Sopra tutto si cercava di avere informazione e si teneva il conto dei reggimenti che passavano di volta in volta il ponte di Lecco, perchè quelli si potevano considerare come andati, e fuori veramente del paese. Passano i cavalli di Wallenstein, passano i fanti di Marradas, passano i cavalli di Anlzalt, passano i fanti di Brandeburgo, e poi i cavalli di Montecuccoli, e poi quelli di Ferrari; passa Altringer, passa Furstenberg, passa Colloredo; passano i Croati, passa Torquato Conti, passano altri e altri; quando al ciel piacque, passò anche Galasso, che fu l’ultimo. Lo squadrone volante dei veneziani finì anch’esso di allontanarsi; e tutto il paese a destra e a sinistra si trovò libero. Già quei delle terre invase e sgombrate le prime avevano cominciato a votare il castello; e ogni dì ne partiva gente: come, dopo un temporale d’autunno, si vede dai palchi fronzuti d’un grand’albero uscire per ogni banda gli uccelli che vi s’erano riparati. Credo che i nostri tre fossero gli ultimi ad andarsene; e ciò per volere di don Abbondio, il quale