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“eh messere! faccia anch’ella come può; fortunato lei, che non ha famiglia a cui pensare; s’aiuti, s’ingegni.”

“Oh povero me!” sclamava don Abbondio: “oh che gente! che cuori! Non c’è carità: ognuno pensa a sè; e a me nessuno vuol pensare.” E tornava in cerca di Perpetua.

“Oh appunto!” gli disse questa: “e i danari?”

“Come faremo?”

“Li dia a me, che andrò a sotterrarli qui nell’orto di casa, insieme colle posate.”

Ma....

“Ma, ma; dia qui; tenga qualche soldo, per quel che può occorrere; e poi lasci fare a me.”

Don Abbondio obedì, andò al forziere, cavò il suo tesoretto, e lo consegnò a Perpetua; la quale disse: “vo a sotterrarli nell’orto, appiè del fico;” e andò. Ricomparve poco di poi con un canestro, entrovi munizione da bocca, e con una picciola gerla vota; e si diede in fretta a collocarvi nel fondo un po’ di biancheria sua e del padrone, dicendo intanto: “il breviario almeno, lo porterà ella.”

“Ma dove andiamo?”

“Dove vanno tutti gli altri? Prima di tutto,