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braccio, come un ragazzo, e di strascinarlo su per una montagna. Lasciato così solo, egli si faceva alla finestra, guatava tendeva l’orecchio; e vedendo passar qualcheduno, gridava con una voce mezzo piagnolosa e mezzo rimbrottevole: “fate questa carità al vostro povero curato di cercargli qualche cavallo, qualche mulo, qualche asino. Possibile che nessuno mi voglia aiutare! Oh che gente! Aspettatemi almeno, che possa venire anch’io con voi; aspettate di esser quindici o venti, da condurmi via insieme, ch’io non sia abbandonato. Volete lasciarmi in man de’ cani? Non sapete che sono luterani la più parte, che ammazzare un sacerdote l’hanno per opera meritoria? Volete lasciarmi qui a ricevere il martirio? Oh che gente! Oh che gente!”

Ma a chi diceva egli queste cose? Ad uomini che passavano curvi sotto il peso del loro povero mobile, e col pensiero a quello che lasciavano in casa esposto al saccheggio, quale cacciando dinanzi a se la sua vaccherella, quale traendosi dietro i figli, carichi anch’essi quanto potevano, e la donna portante in braccio quelli che non potevano camminare. Alcuni tiravano di lungo, senza rispondere nè guardare in su; altri diceva: