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questi, e facevano dalla parte loro il peggio che potevano. Il pover’uomo correva, stralunato e mezzo disensato, per la casa; andava dietro a Perpetua, per concertare una risoluzione con lei; ma Perpetua, affaccendata a raccogliere le migliori masserizie e a nasconderle sul solaio, pei bugigattoli, passava in fretta, affannata, preoccupata, colle mani o colle braccia piene, e rispondeva: “or ora a finisco di metter questa roba in salvo, e poi faremo anche noi come fanno gli altri.” Don Abbondio voleva trattenerla, e dibattere con lei i varii partiti; ma ella, tra la faccenda, e la pressa, e lo spavento che aveva anch’ella in corpo, e la rabbia che le faceva quello del padrone, era, in tal congiuntura, meno trattabile di quel che fosse mai stata. “S’ingegnano gli altri; c’ingegneremo anche noi. Mi scusi, ma non è buono che da impedire. Crede ella che anche gli altri non abbiano una pelle da salvare? Che, vengono per far la guerra a lei i soldati? Potrebbe anche dare una mano, in questi momenti, invece di venir tra’ piedi a piangere e ad impacciare.” Con queste e simili risposte si sbrigava da lui, avendo già stabilito, finita che fosse alla meglio quella tumultuaria operazione, di prenderlo per un