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vati gli schermi per salvar la roba, tornavano spesso inutili, talvolta in peggior danno. I soldati, gente ben più pratica degli stratagemmi anche di questa guerra, frugavano tutti i buchi delle case, smuravano, abbattevano; scoprivano facilmente negli orti la terra smossa di fresco; andarono fino su per le vette a rapire il bestiame, andarono nelle grotte, a guida di qualche ribaldone, come abbiam detto, in cerca di qualche danaroso rimpiattato lassù; lo spogliavano, lo strascinavano alla sua casa, e con tortura di minacce e di percosse, lo costringevano a indicare il tesoro nascosto.

Se ne andavano finalmente, erano andati, si sentiva da lontano morire il suono de’ tamburi o delle trombe: succedevano alcune ore d’una quiete spaventata; e poi un nuovo maladetto batter di cassa, un nuovo maladetto squillo, annunziava un’altra brigata. Questi, non trovando più da far preda, con tanto più furore facevano sperpero e fracasso del resto, abbruciavano mobili, imposte, travi, botti, tini, dove anche le case; con tanto più rabbia manomettevano e straziavano le persone; e così di peggio in peggio, per venti giorni: che in tante squadre era diviso l’esercito.

Colico fu la prima terra del ducato, che