vi otteneva il passo per portarsi a Mantova, come correva voce. Da tutti i portamenti di don Gonzalo pare ch’egli avesse una grande smania di farsi un posto nella storia, la quale infatti non potè non occuparsi dei fatti suoi; ma (come spesso le accade) non conobbe, o non si curò di registrare l’atto di lui più degno di memoria e d’attenzione, la risposta ch’egli diede a quel dottor Tadino in quella circostanza. Rispose, non saper che farci; le ragioni d’interesse e di riputazione, per le quali s’era mosso quell’esercito, pesar più che il pericolo rappresentato; con tutto ciò si cercasse di rimediare alla meglio, e si sperasse nella Providenza.
Per rimediare adunque alla meglio, i due medici della Sanità (il Tadino suddetto e Senatore Settala, figlio del celebre Lodovico) proposero in quel tribunale che si proibisse sotto severissime pene di comperar robe di qual si voglia sorta dai soldati che erano per passare; ma non fu possibile far intendere la convenienza d’un tal ordine al presidente, “uomo,” dice il Tadino,1 “di molta bontà, che non poteva credere dovesse succedere incontri di morte di tante migliaia di
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