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“Dunque vestitevi, e levatevi subito,” disse il notaio.

“Mi levo,” rispose Renzo, e andava di fatto raccogliendo qua e là i panni sparsi pel letto, come le reliquie d’un naufragio sul lido. E cominciando a metterseli, proseguiva tuttavia dicendo “ma non voglio andare dal capitano di giustizia, io. Non ho che fare con lui. Giacchè mi si fa questo affronto ingiustamente, voglio esser condotto da Ferrer. Quello lo conosco, so che è un galantuomo, e mi ha delle obbligazioni.”

“Sì, sì, figliuolo, sarete condotto da Ferrer,” rispose il notaio. In altre circostanze egli avrebbe riso ben di cuore d’una proposta simile, ma non era momento da ridere. Già nel venire, egli aveva veduto per le vie un cotal movimento, da non potersi ben definire se fossero rimasugli di sollevazione non affatto compressa, o cominciamenti d’una nuova uno sbucar di borghesi, un accozzarsi, un andare in frotte, uno stare a brigatelle. Ed ora, senza farne sembiante, o cercando almeno di non farlo, porgeva orecchi, e gli pareva che il ronzìo andasse crescendo. Desiderava adunque di spicciarsi, ma avrebbe anche voluto condur via Renzo d’amore e d’accordo; giacchè, se si fosse dichiarata guerra

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